Oltre la menzogna del patriarcato

Assistiamo da giorni, senza sorpresa, ad un tam tam mediatico che sprona alla rivolta e alla distruzione di tutto quello che capiti sotto tiro, in nome di una lotta contro il cosiddetto patriarcato, senza peraltro specificare di cosa si tratti.

Di fronte alla manifesta ignoranza, insita in una chiamata alle armi contro qualcosa di non ben definito, e alla dabbenaggine isterica che scaturisce come reazione ad un fatto di cronaca, non si può tacere. Anzi, si ha il dovere di esprimere un giudizio, ancor più quando queste grottesche modalità di reazione raggiungono i vertici dello Stato che le fa addirittura proprie, emanando immediate e nuove normative contro la violenza.

Nel ricordare che la responsabilità penale è sempre personale e non collettiva – come qualsiasi studente di giurisprudenza al primo anno apprende quale basilare principio della nostra civiltà giuridica (ben diversa dalle barbarie totalitarie) – non possiamo non constatare che tutte le volte in cui si è legiferato sull’onda emotiva si sono create mostruosità giuridiche abnormi e irrazionali, come dimostrano i recentissimi obbrobri legislativi prodotti durante la psicopandemia.

È necessario allora evidenziare il rischio di essere conniventi con una lettura ideologica, violenta e distorta della capacità insita nel cuore dell’uomo, come in quello della donna, di compiere il male.

È estremamente preoccupante che la fine tragica di una povera ragazza, uccisa da colui che era stato il suo fidanzato, sia stata eretta a pretesto per invocare la “ricostruzione culturale” di un popolo smarrito che, in preda all’emotività indotta, non è più in grado di esprimere un giudizio razionale.

Assistere alle dichiarazioni/sceneggiate, anche da parte delle Istituzioni, inneggianti alla necessità che tutti i maschi provino vergogna, evidenzia la grottesca incapacità di tali vertici di esprimere un giudizio ancorato alla verità, nonché l’incapacità di progettare azioni serie e concrete volte a ricostruire l’identità di un popolo.

Non desterebbe sorpresa se a sbraitare contro il “maschio” fossero i soliti gruppi di femministe, che hanno ormai fatto una bandiera delle loro scontate e scomposte urla contro un patriarcato inesistente, urla scevre da ogni riferimento culturale e che rivendicano una libertà che non viene poi nei fatti riservata a chi la pensa diversamente (il recente attacco terroristico alla sede di Pro Vita e Famiglia svela la loro violenta identità).

Ascoltare un primo ministro che esprime soddisfazione per una rinnovata convergenza culturale globale al fine di stimolare il finanziamento per l’indottrinamento ideologico di genere nelle scuole e nella società – subito seguito dal ministro dell’istruzione e dal ministro delle pari opportunità – è invece molto inquietante.

Ciò svela definitivamente l’ideologia nichilista che vuol tirare le fila delle
masse per orientarle verso il nulla, sotto la patina di proclami ipocriti e demagogici che distruggono la capacità di ragionare dei singoli individui.

La vera sapienza porterebbe immediatamente a capire che i fatti non si giudicano sull’onda emotiva e che ciò che manca è altro e che forse è stato intenzionalmente distrutto.

Iustitia in Veritate si schiera contro questo nichilismo interessato solo a far emettere alte grida alle masse, aizzate dai corifei di regime che si mascherano sotto le sembianze di una stampa ipocritamente libera che collabora al raggiungimento del vero obiettivo dei detentori del potere, ovvero scardinare l’unico luogo che resiste alla violenza, dove si coltivano armonia e amore e dove non c’è spazio per alcuna discriminazione: la famiglia naturale.

I ridicoli proclami di lotta contro il patriarcato mirano alla distruzione di questo luogo di pace, attraverso lo svilimento e la condanna della figura del padre, ridotto unicamente ad un “maschio violento”.

Questo è il vero obiettivo di tali urlatori, anche quelli istituzionali, più o meno rivestiti di potere, ma ormai lontani anni luce dalle vere e profonde esigenze del popolo che pretendono di rappresentare.

La strada della salvezza dell’uomo passa da un giudizio vero sul male e sull’abisso da cui proviene e comporta un lungo lavoro per il ripristino e la ricostruzione dell’ordine del creato.

In tale giudizio vi è la sorgente del diritto naturale che solo può limitare e fondare il diritto positivo, altrimenti ridotto a mero tentativo dell’uomo di costruire un mondo che si vorrebbe perfetto, ma che è fondato sull’illusione che le leggi bastino a se stesse anche svincolate dalla loro origine.

Tutte le altre azioni, tutte le altre parole, provenienti anche dalla Chiesa, che non considerino la legge suprema del bene delle anime, sono guaiti inutili e vuoti che rischiano di completare la rovina del popolo.

Questo vuoto, favorito e promosso da vari pulpiti, dà infatti spazio solo a sfacciati indottrinamenti, come quelli provenienti anche dalla sorella della povera vittima, alla quale è stato fatto sostanzialmente recitare un copione a reti unificate. La povera ragazza uccisa è stata così sacrificata sull’altare di un nichilismo autodistruttivo di cui ci si augura la non consapevolezza almeno da parte dei congiunti.

Iustitia in Veritate

Milano, 30 novembre 2023 – Sant’Andrea, Apostolo