Cartoline

Questa sezione è dedicata ad accogliere i contributi di alcuni autori simpatizzanti e collaboratori di Iustitia in Veritate.

Andrea Colombo, giornalista e scrittore, traduttore di Ezra Pound e G. K. Chesterton, autore de “I maledetti. Dalla parte sbagliata della storia” (Lindau) ed “Il Dio di Ezra Pound” (Ares).

Pietro Marinelli, docente di diritto ed economia politica in un istituto superiore di Milano, membro della Corale lirica ambrosiana diretta dal Maestro Roberto Ardigò. Collaboratore della rivista di analisi geopolitica Atlantico.

MAGGIORANZA BULGARA di Andrea Colombo

Vi ricordate quando si diceva maggioranza bulgara? Quando, con un certo senso di disprezzo, si indicava in quel popolo balcanico della gente prona al dittatore di turno, nella fattispecie quello comunista dei tempi staliniani, capace di adesioni plebiscitarie, oltre l’80 %, alle decisioni del Leviatano. Tali, oggi, mi appaiono le percentuali di adesione alla campagna vaccinale di alcune Regioni italiane, soprattutto del Nord come la Lombardia, dove senza che lo Stato abbia dovuto intervenire manu militari, come in Israele, i cittadini si sono recati in massa a farsi inoculare un siero apparentemente miracoloso, ma dalle caratteristiche ancora in gran parte sconosciute. D’altronde lo stesso virus che dovrebbe prevenire è ad oggi un mostro misterioso dalle mille teste capace di trasformarsi in mille, inaspettate, varianti.

Ma tant’è. Tale è la fiducia degli italiani nel nostro Stato che solo un’infima minoranza ancora “resiste”, circondata da un alone di sospetto, perseguitata, ormai praticamente costretta a vivere senza viaggiare, lavorare, studiare e, perché no? divertirsi, e un domani forse anche senza poter accedere ai negozi, ai servizi sanitari e così via…

Ma certo, il vaccino non è “obbligatorio”. Basta che te ne stai in casa tranquillo, al massimo facendo due passi intorno all’isolato, sempre che non introducano il green pass anche per entrare nei parchi pubblici o per pedalare nelle ciclabili. Chissà.

Le vie di Big Pharma sono veramente infinite. Intanto, però, vengo a sapere che proprio in Bulgaria la percentuale di chi si è recato a vaccinarsi, è, udite udite, il 15%!.

Loro, i bulgari, abituati a decenni di socialismo reale, che non si fidano delle autorità statali, e men che meno dei diktat di “comitati scientifici” e guru sanitari, hanno adottato questa strategia e funziona.

Il governo bulgaro, infatti, di fronte a questi numeri, si guarda bene dall’introdurre il green pass.

I bulgari siamo diventati noi. Ci dovremo quindi rifugiare a Sofia, considerata una delle più brutte capitali d’Europa? Beh, chi lo sa. Nel caso ci consoleremo con le danzatrici bulgare, al ritmo di musiche zigane, sorseggiando un bel Rakija.

Milano 11 settembre 2021

ADDIO LUGANO BELLA di Andrea Colombo

Cari amici, nel febbraio scorso scrissi la “cartolina da un Paese normale”. Tale mi appariva infatti la Svizzera, senza mascherine obbligatorie, senza lockdown draconiani, senza Regioni dai colori gialli, rossi o viola… Ebbene oggi, quando si celebra il compleanno della Vergine Maria in questo 8 settembre soleggiato e apparentemente ridente, vi devo dare questa infausta notizia: anche quello che in molti consideravano uno degli ultimi bastioni di libertà rimasto nel nostro vecchio e decadente Continente si è miseramente arreso, ha alzato bandiera bianca.

Da lunedì infatti anche la Confederazione Elvetica avrà il suo bel green pass, con modalità del tutto simili a quello italiano. E’ stato introdotto con una parvenza di legalità, giustificandolo in base ad una norma varata prima dell’emergenza Covid che permetteva alle autorità federali e cantonali di implementare misure straordinarie in caso di pandemia, legge confermata recentemente da referendum popolare.

Ne parlo con alcuni ticinesi, come il ristoratore che ha il suo bel locale proprio con vista sul lago e che mi guarda sconsolato, dicendomi: “Non capisco proprio perché, non siamo parte dell’Unione Europea, non abbiamo gli ospedali pieni di gente in fin di vita… quanto ci danneggerà economicamente tutto questo?”. Un altro abitante del Mendrisotto, con aria rassegnata, mi confessa di essersi già vaccinato e dice di non essere stupito di questa svolta: “Hanno comprato tantissime dosi… dovranno pure farle fuori…”.

Eh già, proprio così. La libertà di cura e tutto il resto può attendere. Gli affari sono affari… E così anche lo svizzero rinuncerà alla propria indipendenza e libertà e si ritroverà ad essere come l’autoritratto del pittore espressionista Hermann Sherer, che ho ammirato nella bella mostra allestita al Lac di Lugano, immagine di uno zombie depresso che passeggia in un desolante paesaggio ticinese, anche lui ormai vittima del Gran Reset planetario.

Lugano 8 settembre 2021, Natività della Vergine Maria

Le leggi razziali del fascismo e la scuola - Sito dell'A.N ...

4 agosto 2021 – Obbligo vaccinale nella scuola? di Pietro Marinelli
E’ sconcertante la ridda di ipotesi riguardanti la riapertura delle scuole a
settembre: in particolare la proposta dell’Associazione nazionale presidi di
obbligare alla didattica a distanza gli studenti non vaccinati, in caso che
uno dei loro compagni risultasse positivo, mentre gli altri potrebbero
seguire le lezioni in presenza, è discriminatoria e si configura come un
“ricatto”: “vaccinati, altrimenti sarai costretto a seguire la “ DAD””.

Tale ricatto si aggiungerebbe agli altri già esistenti (la possibilità di andare in discoteca, di andare all’estero, di consumare seduti al ristorante, etc.) a causa dei quali si sta verificando una vera e propria “corsa al vaccino” anche da parte dei giovanissimi. Si tratta di disposizioni totalmente diseducative nei confronti degli studenti, molto più condizionabili degli adulti, chiaramente in contrasto con ogni forma di diritto di libertà di scelta delle famiglie, che vengono in alcuni casi addirittura costrette ad accettare la vaccinazione dei loro figli in quanto denunciate dagli stessi.

Oltretutto con una proposta siffatta anche i presidi riconoscono implicitamente che la DAD, di fatto, è molto inferiore qualitativamente alla didattica in presenza, sia come efficacia che come considerazione da parte di tutte le componenti del mondo della scuola. Relegare alla DAD i “non vaccinati” costituirebbe una sorta di “punizione” per quelli che non subiscono passivamente i “diktat” dell’autorità costituita.

Tra l’altro si opererebbe una distinzione (infondata scientificamente e empiricamente, dato che il presunto vaccino non garantisce alcuna immunità) tra “immuni” e “non immuni”: si verrebbe schedati in apposite liste (come non pensare alle “liste di proscrizione” di infausta memoria? Aggiungiamo poi che tali “vaccini” saranno testati completamente solo nel 2023 e che non se ne conoscono esattamente i possibili effetti sull’organismo umano.
L’Italia inoltre è l’unico Paese dell’Unione europea ad aver optato per la
vaccinazione obbligatoria; gli altri Paesi hanno assunto posizioni meno
“impositive”. Desta preoccupazione soprattutto la vaccinazione dei giovanissimi, per i quali il sistema immunitario garantisce una protezione più che sufficiente: in molti casi diversi di loro hanno già contratto il Covid-19 e ne sono guariti senza neanche accorgersene.
Inoculare delle sostanze che generano anticorpi a soggetti che ne sono già ampiamente provvisti, oltre a non essere assolutamente necessario, può
risultare dannoso, perché li espone al rischio di gravi patologie autoimmuni, oltre al pericolo di miocarditi, trombosi, ictus… Sono già stati segnalati parecchi casi del genere, generalmente ignorati dai media: sono ormai 17.503 i morti in seguito alla vaccinazione e più di 500.000 le persone danneggiate gravemente.
Deve essere lasciata la libertà di scegliere se assumere oppure no questi
“vaccini”, sia per i docenti, che il personale non docente e gli studenti, e non deve esistere alcuna forma di discriminazione o di punizione per il fatto di non aver subito la vaccinazione, come hanno ricordato recentemente a Draghi anche i sindacati, per quanto riguarda i lavoratori. Da notare che si è recentemente costituito un sindacato apposito, il FISI per tutelare alcune categorie (gli operatori sanitari e scolastici) dalle vessazioni subite in seguito all’obbligo vaccinale.
Deve essere dato maggior spazio nell’informazione a coloro che non sono
convinti della necessità che la vaccinazione diventi obbligatoria e
dovrebbero avere maggior “risonanza mediatica” le notizie relative alle
manifestazioni di protesta contro il Green pass (il 24 e 31 luglio, e la
prossima il 7 agosto) e agli appelli contro la vaccinazione dei giovanissimi,
come quello promosso dal Movimento “Noi amiamo l’Italia” di Magdi
Cristiano Allam e quello dell’Associazione “Pro vita e famiglia”.
Lascia molto perplessi la dichiarazione del Presidente del Consiglio Mario
Draghi che denigra coloro che protestano contro la vaccinazione obbligatoria, come se queste persone desiderassero la morte degli altri. Notevolmente discutibile anche il fatto di considerare la vaccinazione un “dovere civico” da parte del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, o come “atto di solidarietà” nei confronti degli adulti: la questione dovrebbe essere posta in termini medico-scientifici, non sul piano dell’etica! Un breve elenco delle ragioni di “prudenza” nell’assunzione di tali farmaci sperimentali:

  • il timore di conseguenze negative sul proprio organismo;
  • il ritenere superfluo un vaccino che fabbrichi gli anticorpi, quando se ne è già ampiamente dotati;
  • il dubbio dell’opportunità di sottoporsi ad un trattamento sperimentale di fronte al rischio di contrarre un’influenza (al limite un po’ più grave del solito) quando ci si trova in condizioni di salute ottimali.

Esagerato poi il “lavaggio del cervello” sulla vaccinazione dei giovani al di sopra dei 12 anni (anche questo tipico dell’Italia e non degli altri Paesi U.E.) quando sono la fascia d’età meno soggetta in assoluto al Covid-19, con una percentuale di letalità praticamente nulla.
Per quanto riguarda i docenti, infine, la situazione è ancora più
paradossale; i dati parlano dell’85% degli insegnanti già vaccinati, e risulta abbastanza grottesca la preoccupazione che il rimanente 15% debba assolutamente sottoporsi a tale trattamento. Non è fuori luogo poi l’osservazione della GILDA, che ritiene fuorviante il fatto che ci si limiti esclusivamente a questo aspetto nel dibattito sulla scuola. E le “classi pollaio”? E la mancanza dei docenti di cui ci sarebbe bisogno in quanto non ancora nominati? E il potenziamento dei trasporti? La GILDA nota che tale percentuale, così alta, misura la responsabilità innata dei docenti. Sarà vero, ma non se ne può dedurre come conseguenza la costrizione dei “renitenti al vaccino” o addirittura prevedere conseguenze negative nei confronti dei “ribelli” sul piano lavorativo!
E che dire del rispetto delle libertà costituzionali? L’articolo 32 recita
nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario
se non per disposizione di legge
”, intendendo ovviamente, che si sta
parlando di un malato, non di una persona perfettamente sana che rischia di contrarre un’influenza!

Per aggirare il dettato dell’articolo 32 cosa fa il Governo Draghi (come ha fatto il Governo Conte)? Fa approvare la proroga dello stato di emergenza, in modo che possa esser applicato l’articolo 16 che stabilisce l’eccezione, per la limitazione dei diritti di libertà, dell’emergenza sanitaria. In tal modo il Governo può emanare decreti-legge che il Parlamento, ormai succube di Draghi, approverà sicuramente.

Se leggiamo però tutto l’articolo 32 vediamo che esso dice: “la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Quindi anche gli atti aventi forza di legge non possono ledere i diritti di libertà, come la scelta di non assumere farmaci che potrebbero produrre danni al proprio organismo.

C’è poi anche un’altra piccola questione da risolvere: su quali basi scientifiche si è prorogato lo stato di emergenza sanitaria? Appare questa una decisione più “politica” che non “scientifica” e sembra adottata proprio per stabilire l’obbligo vaccinale. Non sarà che in tutto questo c’entrano le pressioni delle case farmaceutiche che devono lucrare sui tamponi e sui vaccini a pagamento?

2 Marzo 2021Cartolina Chestertoniana di Andrea Colombo

Questa è una cartolina da un passato lontano, eppure sembra attualissima. Correva l’anno 1923, quasi un secolo fa: il popolarissimo scrittore di Padre Brown, G.K. Chesterton, vergava per le pagine delll’Illustrated London News del 28 luglio, un articolo sui no vax di allora, intitolato The Old-Fashioned and the New-Fangled, che si potrebbe tradurre Quelli retrò e quelli al passo coi tempi. Chesterton cita un “giornalone” dell’epoca che accusava coloro che si oppongono alle vaccinazioni di massa “per il terrore del vaiolo” di essere “obsoleti e retrogradi”. Il romanziere britannico mette subito le mani avanti e ammette la sua ignoranza in materia, dichiarando, tra l’altro: “mi sottoporrei a vaccinazioni periodiche, se un’autorità veramente responsabile lo richiede, in quanto, se non sussistono obiezioni di sorta e di coscienza, è un dovere civico assumerlo”. Quindi Chesterton, che non è né un medico né uno scienziato, non entra nel merito della questione, ma “protesta” contro il giornalone, i cui giornalisti non sono né medici né scienziati, che critica i no vax non in base ad argomentazioni scientifiche, ma sulla scorta di un artificio retorico, accusandoli di essere “retrogradi ed obsoleti”. Suona familiare? Oggi i mass media, in un coro unanime che puzza tanto di dittatura, parlano del vaccino Covid come della manna venuta dal cielo, che salverà l’umanità dalla peste del millennio. E chi osa porre dei dubbi sul mirabile prodotto targato Big Pharma, che utilizza cellule di feti abortivi e che sembra non solo inefficace nei confronti di un virus estremamente mutevole, ma persino nocivo, viene subito etichettato come “negazionista”. Ma che significa “negazionista”? Il termine venne introdotto dai media mainstream per bollare alla condanna eterna quegli storici che non “negano” l’Olocausto, ma contestano la cifra dei 6 milioni di morti e l’utilizzo delle camere a gas nei lager nazisti. Una posizione che può essere considerata disdicevole, persino aberrante, ma che andrebbe smantellata con dati precisi e non condannata a priori e persino proibita per legge, come avviene in Italia e in molti Paesi occidentali, limitando di fatto la libertà di ricerca in un campo pur così delicato e spinoso. Non era Voltaire, il filosofo tanto amato dai progressisti, che disse: “Combatto la tua idea, ma sono pronto a battermi fino alla morte perché tu possa esprimerla liberamente”? Similmente nel caso dell’attuale pandemia Covid io non ho mai incontrato “negazionisti” che negano l’esistenza del coronavirus (a parte qualche isolato imbecille), ma solo persone preoccupate per la gestione liberticida e irresponsabile dell’emergenza da parte delle autorità statali e sanitarie, che si permettano di sollevare dubbi sull’efficacia non solo di misure come i lockdown, ma anche di dispositivi protettivi come le mascherine e di vaccini ancora in fase sperimentale. Forse si sbagliano, forse no. Di certo non andrebbero censurati, come avviene quotidianamente sulle piattaforme digitali e non solo. Ma ciò che Chesterton aveva a cuore era non solo la libertà, ma soprattutto la salute mentale delle persone: ed è proprio quella che oggi viene messa a dura prova dai pasdaran del Gran Reset e della “nuova (a)normalità”.

13 Febbraio 2021Cartolina da un Paese normale di Andrea Colombo

E’ una bella mattinata di sole. Prendo la mia auto, lascio Milano, la città degli uomini mascherati, e mi dirigo verso la A8 con una certa apprensione. E’ da ottobre che non vado più nella mia amata Svizzera, terra di libertà già per gli anarchici di inizio ‘900, di rifugio per i perseguitati degli anni ’40, la Confederazione da sempre orgogliosa della sua neutralità e della sua antica, coerente, rigorosa democrazia (qualsiasi decisione politica o amministrativa viene demandata all’utilizzo frequente dell’istituto referendario). C’è il lockdown. Ecco, penso, mi ritroverò dalla padella alla brace. Anche gli Svizzeri si sono arresi al Gran Reset. E invece….

Alla Dogana di Ponte Chiasso un agente della polizia cantonale mi chiede il motivo del mio viaggio. “Lavora in Svizzera?”. “Sono un giornalista professionista, vado per un reportage”. Per chi si reca in Svizzera in questo periodo le regole sono molto stringenti: obbligo di registrazione in un sito della Confederazione per permettere il tracciamento, tampone molecolare per chi giunge da Paesi a rischio, ecc. Ed è giusto che sia così. Uno Stato che si rispetti, tanto più in tempi di pandemia, controlla le sue frontiere. Cosa che, come sappiamo, l’Italia non ha mai fatto, neanche in questo periodo dove continuiamo ad essere invasi da moltitudini di clandestini.

Supero la dogana, attraverso il confine, ed eccomi nel Canton Ticino “chiuso per virus”. La prima cosa che noto  è che la gente che passeggia per strada è quasi tutta senza mascherina. Sull’utilizzo di questo “dispositivo di protezione” si sono già scritti fiumi d’inchiostro e non sarò io certo a contestarne l’utilità in spazi chiusi o a rischio. Ma all’aperto è un’altra storia. E qui, nonostante la raccomandazione di usarla sempre e in alcuni casi la possibilità di imporre sanzioni a chi si rifiuta (con contravvenzioni che solitamente non superano i 200 franchi, ossia 170 euro circa – mentre da noi le multe sono ben più alte), la scelta è lasciata al buon senso dei cittadini. Il virus c’è, miete vittime anche in Svizzera, ma non per questo, dicono i nostri fratelli (di sangue, di cultura, di religione) Ticinesi bisogna vivere nel panico. Colpisce il fatto che, come giustamente fanno le autorità elvetiche, tanto sono rigide le regole in entrata nel Paese, tanto sono improntate al buon senso e al mantenimento delle libertà sacrosante dei cittadini le misure in vigore all’interno della Confederazione. Nessuna assurda autocertificazione per gli spostamenti, nessun ridicolo “colore” dato alle varie regioni in base a più che discutibili dati epidemiologici. Resta la libertà (ovvia, indiscutibile), di circolazione da Cantone a Cantone, di implementare regole più o meno rigide per quanto riguarda l’apertura degli esercizi pubblici e viene comunque raccomandato, nei limiti del possibile, lo smart working. La parola magica è proprio questa: raccomandazione. Consigli quindi, mai imposizioni da Stato di polizia. Tanto che passeggiando per il principale parco di Lugano, tra turisti e ticinesi che chiacchierano, fotografano i cigni e i germani reali del lago, bambini che giocano in tutta libertà e felicità, quasi nessuno con la mascherina (men che meno i bambini ovviamente), non ho visto un solo poliziotto, un solo vigile. Questo è il lockdown più tranquillo e sereno del mondo. Nessun posto di blocco per le strade, nessuna volante che ti insegue per vedere se hai o meno l’autocertificazione. Certo, bar, ristoranti, club sono chiusi. Le misure di contenimento del virus però vengono prese rispettando la dignità delle persone, le tv e i giornali non bombardano con la conta quotidiana dei morti.

Passeggiando tranquillo e sereno per il parco Ciani di Lugano penso: perché da noi in Italia tutto questo appare follia di “negazionisti”? Sogno o son desto? Una vita normale (e non mi riferisco all’allucinante “nuova normalità” che ci hanno imposto con successo in Italia) è possibile anche nel bel mezzo di una pandemia?

Poi torno in macchina, mi metto al volante: mancano poco più di 50 chilometri per tornare a Milano, la città degli uomini mascherati.