Riflessioni (amare) sul green pass

Una serie di articoli, redatti dai collaboratori di Iustitia in Veritate, per approfondire la virulenza liberticida del marchio verde, così come è stato concepito e applicato in Italia.

1. CONSEGUENZE E PRESUPPOSTI NEFASTI

L’introduzione e l’estensione ormai indiscriminata del cosiddetto green pass costringe ad alcune considerazioni sulla sua caratura morale, sulle sue implicazioni politiche e giuridiche, sui suoi effetti sulla convivenza civile.

La violazione dei principi cardine del diritto romano

In via preliminare prendiamo in considerazione due assunti fondamentali:

  • la regola aurea, antropologicamente universale: non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te, o in positivo, fai agli altri ciò che desideri sia fatto a te.
  • il principio più elementare della civiltà giuridica, alla base degli stessi codici morali universali: suum cuique tribuere (dare a ciascuno il suo: che coincide con la definizione di giustizia secondo il diritto romano), o in negativo neminem laedere (non offendere nessuno)

per confrontarli con le recenti esternazioni di Mattarella e di Draghi.

Il Presidente della Repubblica menziona un principio etico-giuridico che pretende universale: l’impossibilità di appellarsi alla libertà personale di fronte ad un’esigenza di sanità pubblica. Prescindiamo dal fatto che si tratta di libertà riconosciute come diritti fondamentali dalla nostra Costituzione, di cui il dichiarante sarebbe l’estremo custode, nonché l’art. 32 della stessa che introduce un principio, il rispetto della persona umana, che non ammette bilanciamento con altri interessi, a meno di introdurre una contraddizione che porta tutto l’edificio delle garanzie costituzionali all’autodistruzione.

Il vizio logico del proclama di Mattarella consiste nel mettere a confronto una posizione personale, la libertà di decidere circa la disposizione del proprio corpo, con una esigenza collettiva.

Ciò significa ridurre ed equiparare l’essere umano da persona ad atomo di una massa indifferenziata.

Ci rendiamo conto di che cosa significa? Con quale autorità, direbbe qualcuno, il supremo custode della Costituzione italiana fa una tale secca e perentoria affermazione?

E non è che, così, ci sta dicendo che la sua individuale, contingente interpretazione dell’autorità, la intende con il puro potere e l’arbitrio che ne consegue?

Ognuno tragga le sue conclusioni, ma in questa direzione ed in questo senso l’intero ordinamento democratico e lo stato di diritto si capovolgono in un campo di intimidazione morale e di controllo sociale: il buon cittadino sarà un automa ubbidiente e il diritto, inteso come apparato positivo, una catena dei comportamenti e, prima ancora, dei pensieri, delle opinioni, degli stessi sentimenti. Il discorso sarebbe lungo, ma è chiarissimo che quelle affermazioni non possono appoggiarsi, anzi confliggono, sia con la regola aurea, sia con il principio elementare della giustizia, anzi ne sovvertono il significato.

Infatti, quale reciprocità ci può essere tra persona e massa? O suoi atomi? Quale suum non verrebbe rispettato nell’esercitare un proprio diritto elementarissimo? E quale lesione si arrecherebbe, così, al collettivo? Tali violazioni sono, perlomeno, del tutto indeterminabili. Di conseguenza aprono la strada a qualsiasi arbitrio, come l’applicazione del green pass sta già largamente, e dolorosamente, causando.

Ma veniamo alle esternazioni di Draghi: chi non si vaccina uccide e si autocondanna a morte sicura. Non vale la pena, qui, rilevare la totale infondatezza, di fatto, di tali affermazioni, dato che parliamo di una patologia che ha, grosso modo e se non adeguatamente trattata, un’incidenza dell’1% dei contagiati.

Il Presidente del Consiglio, in tal modo, si arroga un’autorità scientifica che non possiede, ma soprattutto, fa un’affermazione in aperto contrasto con tutto ciò che afferma la letteratura scientifica in materia.

D’altra parte, nemmeno la peste nera o il vaiolo hanno mai avuto una virulenza e contagiosità tale, per cui infettarsi sarebbe equivalso a morte sicura. Anche qui, viene da chiedersi dove sia un minimo legame con la regola aurea o con i principi elementari di giustizia.

Trattandosi del titolare della carica di vertice dell’esecutivo, ci si chiede dove si trovi il nesso con il più approssimativo modo di intendere la cura del bene comune. Da non confondere quest’ultimo con la finalità di attuare il controllo totale della popolazione.

Anche qui, ciascuno tragga le sue conclusioni, ma è chiarissimo che siamo di fronte ad un capovolgimento dei principi più elementari della fiducia e del rispetto, che dovrebbero caratterizzare il rapporto tra governanti e governati.

Ci possiamo meravigliare che ciò stia causando un enorme malessere sociale, tanto da opprimere profondamente chi non si allinea al pensiero dominante e, ancor più, da provocare divisioni e conflitti non più di classe o di interessi, ma tali da lacerare il tessuto sociale in tutte le sue declinazioni: dalla sfera familiare, ai rapporti di amicizia e di lavoro.

L’enorme solitudine che così si produce, mina e frantuma i pilastri basilari della convivenza civile e non potrà non avere conseguenze nefaste, soprattutto a medio e lungo termine, oggi poco prevedibili e tantomeno quantificabili.

La schizofrenia normativa

Uno degli aspetti più inquietanti connesso all’istituzione del marchio verde è la schizofrenia normativa: siamo di fronte a uno stato che impone decreti che violano le sue stesse leggi.

Qualche esempio:

  • Abbandono di minore (nel caso dell’impedimento ai genitori dell’accesso all’edificio scolastico)
  • Omissione di soccorso (nel caso dell’impedimento all’accesso delle strutture sanitarie)
  • Discriminazione, istigazione all’odio, atti di violenza privata (particolarmente odiosa quando viene compiuta in ambito scolastico ai danni di bambini e ragazzi, che abbiamo legittimamente scelto di non sottoporsi ai rischi del siero genico sperimentale)
  • Violazione della normativa sulla privacy (conferendo poteri da pubblico ufficiale a chiunque)

Il tradimento delle figure professionali

L’estensione a cascata del green pass a sempre più estesi ambiti lavorativi, comporta il degrado di numerose figure professionali: dagli avvocati che si rifiutano di difendere clienti sprovvisti del marchio verde (rif. articolo di Stefano Filippi sulla Verità del 15/9/2021) ai sanitari che rifiutano loro le cure o addirittura dichiarano che approfitteranno dell’occasione per sfogare il proprio livore sulla loro pelle, ai docenti che bullizzano gli alunni non vaccinati…

Conclusioni

Il marchio verde è a tutti gli effetti un marchio d’infamia e segna il punto più tragico nella storia della nostra Repubblica.